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Cultura sul caffè
Oggigiorno, “specialty coffee” è un termine abbastanza familiare, ma ancora non è chiaro quali siano i criteri che rendono questa tipologia di caffè unica.
Oggigiorno, “specialty coffee” è un termine abbastanza familiare, ma ancora non è chiaro quali siano i criteri che rendono questa tipologia di caffè unica.
Nonostante sia spesso legato all’ascesa del caffè della “terza ondata” nei primi anni ’80, la quale concentra la propria filosofia sul garantire una tazzina di qualità al consumatore finale, il termine specialty coffee viene fatto risalire al 1974. Inoltre, mentre i due termini vengono spesso usati in modo intercambiabile, essi non si escludono a vicenda: non tutti i caffè della terza ondata, infatti, sono specialty e viceversa.
“Il caffè viene considerato ancora troppo spesso solo come modo per assumere caffeina”, dice Massimo Barnabà, esperto di caffè di Trieste che gestisce progetti speciali per Bfarm, coffe academy e società di consulenza con sede vicino a Firenze affiliata alla Specialty Coffee Association (SCA). “Ti aiuta a svegliarti la mattina, ti dà un po’ di energia o una scusa per prenderti una pausa pomeridiana. Talvolta il caffè è adatto a soddisfare questi bisogni, ma se consideriamo l’aspetto sensoriale, invece, è tutta un’altra storia”. Per lui, infatti, specialty coffee significa non solo una maggiore qualità ma anche ottenere un risultato più importante: un piacere superiore.
Inoltre, aggiunge che l’essenza dello specialty coffee inizia dalle origini del caffè e coinvolge l’intero processo, fino alla tazzina. “Per essere considerato specialty, l’origine dei chicchi e la provenienza di tutte le lavorazioni devono essere note”. Massimo Barnabà paragona l’esperienza degli specialty coffee ad un viaggio che inizia con una superba tazza di caffè specialty, e poi continua con la scoperta di nuovi e migliori varietà lungo la strada.
Guadagnarsi la distinzione
Uno specialty coffee, per sviluppare certe caratteristiche, richiede la completa tracciabilità della filiera di produzione e l’appartenenza ad una singola varietà”, dice Sandro Bonacchi, co-fondatore di Bfarm.
Tuttavia, la classificazione specialty non viene assegnata solo ai chicchi dei produttori che soddisfano predeterminati requisiti. Infatti, la Specialty Coffee Association implementa una scala di 100 punti per misurare una serie di standard, verificati con una valutazione “al buio” da assaggiatori certificati. Quelli che ottengono un punteggio superiore a 80 guadagnano la classificazione di specialty coffee.
Il “terroir”
Uno specialty coffee inizia dalla scelta dei produttori stessi che, selezionando deliberatamente un appezzamento di terreno, attuano un approccio di qualità più che di quantità. Tra i fattori considerati per la scelta, ci sono le particolarità del terroir come l’altitudine e il clima, che influiscono sulla ricchezza del suolo. È per questo motivo che la maggior parte degli specialty coffee è monorigine, provenendo da una sola tenuta e non da varie parti del mondo.
La selezione dei chicchi
La selezione delle drupe, i frutti che contengono i chicchi di caffè, è cruciale: uno specialty coffee, infatti, è fatto con i chicchi delle drupe più mature. Chi coglie i frutti, quindi, non deve raggiungere una precisa quantità, ma prendere solo quelli più rossi. Sfortunatamente, i produttori che invece adottano un approccio basato sulla quantità piuttosto che sulla qualità, possono chiudere un occhio sulle drupe cattive, gettandole insieme a quelle buone per massimizzare la resa del prodotto.
Elaborazione
Una volta raccolte, le drupe passano attraverso un frantoio umido e vengono essiccate, per poi essere sottoposte a diverse fasi di controllo della qualità. In primo luogo, il processo viene eseguito manualmente, con i produttori che rimuovono attentamente la polpa delle drupe, scartando tutti i chicchi con difetti. Dopodiché, il caffè viene assaggiato per assicurarsi che sia all’altezza prima di mandarlo alla torrefazione.
Tostatura
La tostatura non è un’impresa da poco: è da considerarsi infatti un’arte a tutti gli effetti, per la quale i torrefattori certificati dalla SCA hanno completato ore di corso per poterla padroneggiare. I chicchi non vengono semplicemente gettati sulla tostatrice fino al suono di un timer: vengono invece monitorati da vicino per assicurarne la perfetta caramellizzazione.
Estrazione
Ultima ma non meno importante, l’estrazione comporta l’uso di acqua per estrarre i composti solubili dai chicchi di caffè. I chicchi specialty vengono sottoposti a tre livelli di controllo prima di arrivare nelle mani dei baristi, che sapranno estrarre il caffè al meglio per ottenere un sapore perfetto nella tazzina.
Eppure, non deve essere diverso a casa, dove si può estrarre il caffè perfettamente con un filtro, una moka o una macchina da espresso. “Ciò che mi piace de La Specialista”, dice Barnabà, “è che riesce ad esaltare tutti i sapori e gli aromi dei chicchi in modo molto semplice anche a casa”.
Dopotutto, secondo Barnabà, “La prima caratteristica di uno specialty coffee è quella di essere piacevole quando viene consumato”. Quindi, perché non iniziare la giornata preparandone uno?
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