Tendenze e stile di vita

Il rito del caffè italiano: un Patrimonio da gustare

È ufficiale la candidatura dell’espresso italiano a Patrimonio Immateriale dell’Umanità Unesco

Il caffè è un rito perché una comunità intera, ogni giorno, si stringe intorno a un’abitudine consolidata e rassicurante che comincia con il suono dei chicchi che macinano. È per questo che non stupisce sapere che la candidatura a patrimonio immateriale dell’Umanità dell’Unesco sia stata accolta all’unanimità dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali: chi potrebbe dissentire?

La tazzina si riempie, si scalda, si sfuma in base alle gradazioni di miscela e la superficie assume quel colore brunito e cremoso che è segno di un caffè riuscito; un aroma inconfondibile si diffonde per i corridoi e qualcuno da un’altra stanza, inevitabilmente, dirà “Ne fai uno anche per me?”

Ed è subito convivialità, un attimo di pausa dalla frenesia del mondo, gioia nella condivisione di un momento perfetto. Perché la magia di un caffè fatto bene sta proprio nel suo potere di trasportarti in uno stato in cui il tempo non è un ticchettio stressante, ma un fluire lento che scorre mentre ti si scioglie sul palato uno dei sapori più tipici dell’italianità.

Nel nostro Paese, infatti, quella del caffè è una tradizione antica che  prende il via nel ‘600 con la diffusione delle cosiddette “botteghe del caffè” in Veneto e si evolve fino a diventare prodotto di culto in tutta la penisola. Così, negli anni successivi, tra Napoli e Torino, venne trovato il metodo per cuocere questi preziosi chicchi in modo da ottenere quello che ormai siamo abituati a chiamare espresso, una bevanda che nei secoli, si è radicata nella cultura sociale del Paese.

Intorno al caffè si è costruito un mondo che ha visto evolvere, nel tempo, i luoghi simboli del consumo di questa bevanda, gli strumenti immaginati per prepararla, le abitudini di sorseggio e persino i modi scelti per raccontarla in una narrazione collettiva mai interrotta.

Perché gli italiani a bere caffè sono il 98% del totale, perché in questo Paese esistono oltre 800 torrefazioni e 7000 addetti ai lavori, perché qui ogni giorno c’è chi si impegna per far sì che questo antico rito arrivi a tutti, in ogni casa. Per godere, foss’anche per un minuto soltanto, del piacere che solo una tazzina di caffè tra le mani può darti.

Come berlo, poi, sta ai gusti personali: c’è chi lo vuole lungo o corto, macchiato, americano, espresso, freddo o caldo e chi ama che sia appena macinato o fatto con la moka. De’Longhi lavora da tempo per cercare di soddisfare i gusti di tutti, offrendo un’ampia gamma di macchine da caffè: dalle macchine a filtro alle moka elettriche, passando per le macchine manuali per replicare la gestualità del caffè del bar fino ad arrivare alle macchine per caffè in chicchi che consentono di portare in tazzina tutti gli aromi del caffè macinato fresco.

Il Ministero proporrà all’Unesco la candidatura de “Il caffè espresso italiano, tra cultura, rito, socialità e letteratura nelle comunità emblematiche da Venezia a Napoli”: ora la parola andrà alla Commissione nazionale italiana per l’Unesco che dovrà valutare se farla arrivare all’ultimo step a Parigi. Per De’Longhi non ci sono dubbi, ma pensiamo sia importante avere consapevolezza del patrimonio che tutte le mattine abbiamo tra le mani.