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Cosa può offrire un piccolo chicco racchiuso in una bacca? Il caffè nasce dalla tostatura e dalla macinazione di un seme “colpevole” di aver diffuso una vera e propria venerazione per una delle bevande più bevute al mondo..
L’origine della parola chicco è probabilmente eredità del latino ciccus o ciccum, termine che veniva utilizzato per indicare la membrana divisoria della melagrana. Una parte del frutto di poco conto, una cosa da nulla, ma solo nel suo significato. Dentro quella membrana infatti è racchiuso il vero tesoro. Nei cereali o in altre piante, chicco indica l’unità riproduttiva: chicco d’orzo, di riso e di caffè. Ed eccoci al nostro argomento, la materia prima a cui dobbiamo una delle bevande più bevute al mondo, dopo l’acqua, in continua aperta competizione con il tè: il chicco di caffè.
Alle origini del mito: i primi coffee lovers d’Arabia
Per parlare del chicco di caffè è necessario dedicare qualche parola alla sua pianta. L’arbusto in questione si chiama Coffea, della famiglia delle Rubiacee. Alberelli che possono raggiungere l’altezza di dieci metri, foglie grandi color verde scuro, fiori bianchi a mazzetti e poi il frutto: bacche simili a ciliegie (drupe) che, una volta mature, assumono il tipico colore rosso-violaceo. Contengono mediamente due semi: i famosi chicchi dalle proprietà energetiche. Esistono almeno un centinaio di specie di piante di Coffea ma quelle più note e utilizzate per ottenere la bevanda sono l’Arabica e la Robusta.
Dalla tostatura e macinazione dei loro chicchi deriva la polvere che, dopo la preparazione, trasforma l’acqua bollente in una miscela dall’inconfondibile aroma nella tazzina. Tutto inizia da qui sebbene sia difficile individuare l’origine precisa. Molte fonti sostengono la tesi etiope secondo cui la pianta di caffè iniziò la sua conquista del mondo dalla città di Caffa, in Etiopia. Nei secoli a cavallo del 1300 le popolazioni etiopi esportarono il caffè in Yemen, secondo gli storici un’area fertile in cui proliferarono le piantagioni.
Immancabile una citazione di Pellegrino Artusi che indicò come miglior caffè quello di Mokha, città dello Yemen, a cui dobbiamo il nome della macchinetta per la preparazione casalinga. Tornando ancora più indietro nel passato si narra dell’esistenza di una figura specifica alla corte del Sultano, il Capo caffettiere (Kahvecibaşı). Tutte prove di una diffusione e di un amore che si è diffuso in fretta e in culture molto diverse tra loro.
Dall’Etiopia alla Mecca il percorso fu quasi un pellegrinaggio naturale che oggi si ripete ogni mattina nelle case di molte persone e famiglie, nei caffè, nei luoghi di ritrovo di mezzo mondo. In molti sostengono che i primi “bar”, semplici luoghi di degustazione della bevanda, sorsero a Medina verso la fine del 1400 e raggiunsero un paio di secoli più tardi il Veneto. A Venezia, infatti, il Florian aperto nel 1720 può sfoggiare la targa di caffè più antico al mondo, nello stile moderno in cui intendiamo questo tipo di locale tempio della bevanda da cui prende il nome, in tutte le sue varianti. Oggi quegli stessi chicchi sono entrati di diritto nelle nostre case, trasformando l’abitudine del caffè in un rito quotidiano, spesso e volentieri il primo della giornata.
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